Mostra: “IN tegrazioni IN mostra 1983-2010”
ABSTRACT
Nelle giornate del 25, 26 e 27 novembre la nostra scuola ospiterà la mostra-convegno Handimatica 2010. Ci è sembrato opportuno cogliere l’occasione rappresentata da questo prestigioso appuntamento per essere presenti non solo come sede ospitante l’intera manifestazione. Abbiamo deciso di costruire uno spazio in cui dare visibilità alle buone prassi attivate, alle difficoltà incontrate ed alle criticità ancora da superare nel processo di integrazione dei nostri alunni con abilità differenti. Ci è sembrata adeguata a tale scopo l’idea di una piccola mostra che possa ripercorrere, quantomeno a grandi salti, la storia di tale processo, dalle prime esperienze strutturate ad oggi. L’attenzione di una scuola all’integrazione degli alunni con specifiche esigenze d’apprendimento è senza dubbio criterio di buona qualità nella valutazione delle scuole. Implica in modo chiaro ed evidente la disponibilità dell’istituzione a mettersi in discussione sul piano didattico ed organizzativo ogni volta in modo nuovo e professionale per accogliere ed includere senza intaccare mai la propria missione educativa e formativa. L’ingresso di alunni diversamente abili nella scuola pubblica è stata una delle più consistenti riforme fatte da più di trent’anni nella scuola. Ha imposto giustamente un totale e complesso ripensamento su tutto e da parte di tutti: non solo la logistica strutturale, ma soprattutto la valutazione, i metodi d’insegnamento (più individualizzati, più cooperativi), le tecniche, i contenuti, gli stessi obiettivi, i lavori e le decisioni collegiali. Ha costretto a fare davvero programmazione. Il “diverso” ha costretto i docenti a scendere dalla cattedra e a fare lezione dal banco. La prospettiva della didattica tradizionale ha dovuto affrontare finalmente il proprio superamento. Laddove questo superamento sia diventato elemento quotidiano del “fare scuola”, lì troveremo sempre una scuola proiettata nel futuro, una scuola veramente inclusiva, efficiente (che fa le cose bene, tutte le cose) ed efficace (che fa le cose giuste, quelle che servono).
La qualità dell’integrazione scolastica del “diversamente abile” è un centro nevralgico di strategie operative appunto per agire efficientemente ed efficacemente nell’educazione e nella formazione di tutti i bambini e gli adolescenti. Se ci si “siede dalla parte del banco” e non più solo dietro la cattedra, si scopre che tutti gli alunni sono insieme uguali e diversi, tutti sono diversamente abili. Tutti abbiamo le nostre specificità, nell’apprendere, nell’insegnare, nel vivere. Basta saper cercare e le abilità si trovano. Accoglienza, fiducia, normalità nella difficoltà, diritti, sperimentazione di modi nuovi e alternativi di rispondere ai bisogni, educazione e formazione in situazione, tecnologie applicate sono tutti caratteri che l’approccio alla “disabilità”, alcune volte per il tramite dei docenti di sostegno, ma non solo, ha “regalato” alla Scuola, quella con la maiuscola, quella che ha saputo davvero riconoscere i propri limiti per iniziare a superarli.
E la Scuola, specialmente i livelli superiori dell’istruzione scolastica, grazie alla “integrazione della disabilità” ha riscoperto il contatto operativo con le famiglie e con il territorio. Le “famiglie”, con il loro contributo di esigenze, di diritti, di aspettative e speranze, il “territorio”, con i suoi enti, le sue associazioni, i suoi sostegni. Di nuovo la scuola che raccorda la famiglia con il territorio in cui vive. Non sarebbe ora di diffondere questo raccordo, per tutto il fare scuola?!!! Ogni genitore cerca il meglio per i propri figli. Deve sapere che lo trova nelle classi meglio integrate, dove la necessità si è trasformata in virtù educativa, didattica, relazionale, affettiva, cognitiva, organizzativa. In quelle classi in cui sia finalmente chiaro che il nemico da sconfiggere è soltanto la difficoltà dell’apprendimento, che scaturisca da un disagio psico-fisico, da un disagio sociale, dalla differenza linguistica e culturale, da normalissima e umanissima voglia da parte degli alunni di pensare ad altro di più divertente, o dalla meno legittima resistenza dei docenti a cambiare i propri metodi e le proprie strategie.